Priolo Gargallo, la banda di ragazzi che gioca alla rivoluzione
Promozione25 Aprile 2025 - 16:49
Se il calcio fosse poesia, il Priolo sarebbe un verso di Pasolini scritto sul muro scrostato di una periferia dimenticata. Se fosse un campo di gioco, sarebbe scuro e ruvido come l’asfalto di Cassibile, dove questi giovanotti—senza stadio, senza padrini, senza lustrini—hanno seminato sogni e raccolto battaglie.
Storia di un Mito
Il mister Domenico Porchia, uno che ha fatto del 4-3-3 il suo credo, la sua guida astrologica, un’ ideologia su cui impernare il suo io calcistico, in questa stagione ha deciso, con saggezza, di vestirsi di 3-5-2. Non per moda, non per svenevole tatticismo, ma perché ha ascoltato. Ha ascoltato la voce squillante del suo giovane gruppo, la disponibilità dei suoi ragazzi, e da lì ha tratto la linfa per cambiare rotta. Un allenatore, insomma, che sa guardare oltre la lavagna e le linee colorate raffigurate sopra.
Giovanissimi, forse i più giovani dell’intera Promozione ma sicuramente i più giovani del Girone D, la banda di Porchia non si è fatta mancare nulla: partenza a razzo fino a dicembre, poi il buio. Settimane da tregenda, tra infermeria piena e sconfitte a grappoli, cinque di fila tra Coppa e Campionato. Una spirale che avrebbe stroncato anche le più solide delle corazze.
Ma i nostri no. Loro si sono rialzati, E come si sono rialzati! A piccoli passi hanno ricominciato a salire la china a prendersi sempre più spazio in classifica fino a far saltare il banco ai play-off: prima Pro Ragusa, poi l’Atletico Megara ad Augusta, dove serviva una sola cosa e l’hanno presa—la vittoria, cruda, sudata, necessaria. In trasferta, con l’anima in tasca.
Il calcio di strada
E intanto, attorno, le corazzate: Kamarat, San Fratello Acquedolcese, Montelepre. Squadroni costruiti per dominare. Ma il Priolo no, il Priolo è calcio di strada, calcio da marciapiede, calcio dei ragazzi “senza”, che si arrangiano col poco e fanno sembrare tanto il niente. Il Priolo è il calcio del popolo, del popolo vero, è il calcio delle opportunità date a chi in mano ha solo sogni e sulle spalle una vita di fatica.
Il campo? Non c’è. O meglio, c’è ma non è omologato. Allora Cassibile diventa casa, anche se non è casa. E il Comune? Latita. Ma il gruppo è coeso, il mister tiene il timone saldo anche con venti contrari e qualche maretta di temperamento post-adolescenziale.
Questo Priolo non è solo una squadra: è un’idea. Un’idea di calcio che sa di umanità, di etica, di quella morale che si impara inciampando, rialzandosi, e correndo ancora. Tutti sulla stessa barca, remano. E adesso, che il vento è tornato a gonfiare le vele, ci credono. E fanno bene.