Cammarata, la dura vita del diesse: “Vittoria, una promozione speciale”

di Nunzio Currenti

Cosa è un direttore sportivo? Lavora dietro le quinte, segue il mercato, non si risparmia mai. E soffre spesse volte in silenzio. Perché? Le squadre sono un po’ creature di un Diesse. Dura la sua vita. Sempre a caccia del talento, sempre a osservare l’occasione giusta, pronto a intervenire. Marco Cammarata – diesse del Vittoria, neopromosso in Eccellenza – vive il calcio da sempre. Una questione di famiglia, del resto, visto che il fratello Giuseppe è diesse dell’Akragas: “Da lui ho imparato tanto, un maestro per me”.
Una carriera ricca di esperienze. Da team manager sino a ricoprire il ruolo di diesse in squadre importanti come Gela, Atletico Gela. “Ogni esperienza è stata utile per la mia crescita. La base nel settore giovanile perché da lì sviluppi l’attitudine a guardare il potenziale dei giovani”.


La scorsa estate la scelta di sposare il progetto Vittoria. Non era facile, certo, ma il lavoro dello staff e della dirigenza hanno fatto la differenza. “Non ho esitato un attimo. Ho valutato che c’erano le condizioni per esserci e mettersi in gioco. Le conferme giuste hanno dato l’ossatura alla squadra, perché hanno trasmesso in DNA ai nuovi che sono arrivati”.
Come ha coordinato il lavoro con Rufini?
“Dopo le direttive societarie. Mi sono messo all’opera. Certamente l’ingresso di Cilio, come direttore generale, è stato un valore aggiunto importante per tutta la stagione. Conoscevo Rufini. Ha giocato a Gela, si è sposato con una gelese, e l’ho affrontato da avversario. Con lui è stata intesa immediata. Ammiro di lui la capacità di gestire il gruppo e sul piano tecnico di saper cambiare pelle, la preparazione alla partita”.
Vittoria ha poi fatto la differenza.
“La squadra è stata magistrale. La città ha risposto presente. Ha compreso davvero le potenzialità del progetto con i risultati che sono arrivati con numeri da record assoluti su 830 squadre”.


Vittoria è in corsa anche per vincere la Coppa Italia.
“La società vuole conservare l’imbattibilità. E provare a centrare il doble, mantenendo la porta il più possibile inviolata. Finora missione compiuta. Senza una società forte un direttore sportivo non può fare miracoli”.
In famiglia come ha gestito questa stagione?
“Da Gela e Vittoria la distanza è gestibile perché sono 30 km. Mia moglie mi disse che la sera sarei dovuto andare a casa sempre. E così è stata. La mia famiglia è la mia forza. Senza di loro non riuscirei a vivere il calcio”.
Si aspettava di chiuderla a Vizzini?
“Sinceramente no. Ero convinto che l’Avola vincesse. Abbiamo provato una grande emozioni. È stata una grande festa, visto che in tribuna c’erano 400 spettatori”.
Ha delle dediche speciali da fare?
“Lo dedico a mia moglie Rossana, alle mie figlie Francesca e Giulia. La dedica va alla società e ai tifosi della Curva Ottone”.
Domani farà il tifo per suo fratello.
“Andrò a vedere Akragas-Igea. Lui è stato un buon maestro. Ha creduto sempre in me. Ha condiviso la mia scelta di voler fare questo percorso”.

 

Credit foto VINCENZO RUSSO